Il primo anno di Larry Agency. Da dove siamo partiti e dove siamo oggi?
Larry Agency compie un anno.
Devo ammettere che scrivere questo articolo non è stata propriamente una passeggiata. È la terza versione che butto giù. Vogliamo chiamarla “ansia da prestazione?” Chiamiamola pure così.
Descrivere il primo anno di Larry è un po’ come fare le montagne russe emotive, guardare in basso e avvertire nello stomaco l’adrenalina tipica di chi si prepara ad affrontare un percorso tutt’altro che ordinario.
Riavvolgo il nastro. Un anno fa, insieme a Gianfranco Zizzo e Valeria Marci di Sabanet (che considero i miei mentori), ho messo la firma per la nascita ufficiale di Larry Agency.
Non sapevo esattamente cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi. Mi domandavo come sarei riuscita ad essere d’ispirazione per il team, a creare nuovi processi. E poi, la burocrazia? Gli iter amministrativi? Insomma, uno stuolo fittissimo di domande che superavano di gran lunga le risposte.
Ricordo che ancora prima della fatidica sigla di fronte al notaio, con Cindy Pedone e Stefania Altamore (con le quali avevo già condiviso 3 anni, poiché rappresentavamo il team Comunicazione di Sabanet tutto al femminile che Biden scansati), eravamo già al lavoro sull’identità di Larry mentre il piccolo ma accogliente ufficio di 20mq prendeva forma grazie a Viorel, che ne ha curato tutti i dettagli.
È il 31 gennaio 2022: Larry Agency, l’agenzia di Branding felice, vede la luce e se sei curioso di conoscere il perché dell’aggettivo “felice”, ti invito a leggere il primo articolo del blog.
A febbraio Larry si popola con Sara Calabrese (la nostra copywriter romantica) e Gabriele Cometa (il nostro web designer gentiluomo).
All’inizio è stata una prova muscolare e mentre cercavo “Il manuale della responsabile perfetta“, ho collezionato una sfilza di errori, com’era prevedibile. Ho trascorso giornate e nottate a chiedermi se stessi reggendo il timone nel migliore dei modi, ho perfino versato più di qualche lacrima perché fin da subito ho sentito sulle spalle il peso (positivo) di chi ti affida i suoi sogni, divorato dalla voglia di riscatto e di prendersi il proprio posto nel mondo.
Quando hai a che fare con le persone e le persone ti stanno a cuore – al netto di chi continua a ripetere senza alcuna cognizione che le risorse rappresentano il principale asset imprenditoriale di “qualunque” azienda – devi mettere in conto tutto questo. Se c’è una cosa che ho imparato a fare – e che non facevo poiché viziata da una visione del lavoro edulcorata da quel “non guardarti mai indietro, guarda sempre avanti” – è stata proprio voltarmi spesso, per non dimenticare da dove provenivo e apprezzare maggiormente i passi che stavo facendo. Che fatica, però.
Si parla sempre poco degli errori, eppure trovo che l’aspetto più edificante di un progetto siano i fallimenti e, sopra ogni cosa, la trasformazione delle persone che ne fanno parte.
A proposito di questo, ho visto Sara cadere, sbucciarsi le ginocchia, arrabbiarsi eppure non arrendersi malgrado alle volte prevalesse lo sconforto. Oggi la sua valigia è colorata, ricca di esperienze, sfumature, momenti bui e momenti felici. È piena di nuove consapevolezze.
Ho visto Gabriele convertire le insicurezze in punti di forza (ci sta ancora lavorando); ogni tanto lo vedo pure alzare la mano per chiedere aiuto ed è un gesto liberatorio perché, diciamocelo, il team funziona quando dove non arriva l’uno arriva l’altra. Cindy e Stefania, per quanto veterane, hanno dovuto ri-abituarsi a una nuova normalità gettando sangue e fatica per chiudere lavori in tempi impossibili. Oggi abitiamo un microcosmo allargato, che è diventato “casa” anche per Mattia Murianni (l’altro graphic designer), per Giulia Lacava e per Serena Fornaro.

Insomma, abbiamo fatto passi da gigante, anche se siamo piccoli, anche se siamo agli inizi, anche se siamo i numeri 2 (per citare una delle più belle campagne di Marketing della storia, quella di Avis). Non aspiriamo ad essere migliori o perfetti e abbiamo abolito dalla nostra narrazione la retorica dell’agenzia performante a tutti i costi. Il nostro più grande privilegio, dopo 365 giorni di onorato servizio, è poter sfoggiare orgogliosamente la nostra identità: solida, potente, unica.
Abbiamo compreso che la nostra abilità (e non intendo le technical skills in senso stretto, per quelle c’è la pagina “servizi” del sito) è raccontare storie con una creatività dirompente, storie nelle quali ci immedesimiamo perché siamo convinti che la Comunicazione non sia una banale successione di post social, ma sia piuttosto un viaggio interminabile.
D’altro canto, i grandi marchi ci insegnano che sono proprio le storie a fare la differenza.
I valori, l’identità, la vision del Brand, per quanto intangibili, rappresentano un patrimonio culturale inestimabile. Nella nostra ancora breve ma intensa vita d’agenzia non c’è spazio per i guru delle 10 cose da fare per guadagnare il più in fretta possibile.
Larry non ha bisogno di scorciatoie, né di metodi infallibili. Larry ha bisogno di sentirsi libero di far sentire la sua voce e di “ri-scrivere” alcuni capitoli della Comunicazione e del Branding con il suo stile retrò e innovativo con il quale trasforma la ferocia dell’ambizione in energia.
Quando comunichiamo, abbiamo una grossa responsabilità: scegliere le parole giuste che ci definiscano e definiscono quello che siamo.
Sai qual è la nostra sfida principale da quando abbiamo incominciato questa avventura? Semplificare.
Bruno Munari scriveva: “Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.
Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere che cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’è in più della scultura che vuol fare.
Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità. Eppure, quando la gente si trova di fronte a certe espressioni di semplicità o di essenzialità dice inevitabilmente: “questo lo so fare anche io”, intendendo di non dare valore alle cose semplici, perché a quel punto diventano quasi ovvie. In realtà, quando la gente dice quella frase intende dire che lo può rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima. La semplificazione è il segno dell’intelligenza, un antico detto cinese recita: “quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte”.
Buon primo anno Larry, buon primo anno team!
Vostra, Stefania
La foto è di Toast Studio